L’Uomo Che Sussurrava Agli Alberi: Incontriamo Tiziano E La Sua Foresta A Pescara

L’Uomo Che Sussurrava Agli Alberi: Incontriamo Tiziano E La Sua Foresta A Pescara

Tiziano vive in Spagna, dove lavora per una grande azienda. Ma non è soddisfatto. Così un giorno decide di cambiare vita: torna nella sua Pescara, riscatta i terreni dei nonni, e decide di dar loro nuova linfa, nutrendoli secondo le regole della natura e non di quelle del business. 

Con Tiziano iniziamo un nuovo progetto: quello di supportare i contadini nostrani che hanno come missione la riforestazione della nostra bella Italia. Se anche tu vuoi darci una mano: raccolta fondi qui.


  • Ciao Tiziano, raccontaci di te:
  • Sono Tiziano Di Russo, nato a Pescara quasi 35 anni fa. Abruzzese di nascita, giramondo per passione. Non ho ancora ben capito cosa ci faccio qui, piantare alberi per ora è la mia missione.

  • Qual era la tua vita prima e qual è la tua vita ora? Cosa ti ha portato a cambiare?
  •  Fino a pochi anni fa vivevo in Spagna, dove lavoravo come dipendente per grandi aziende della Travel Industry. Ma non ero soddisfatto, vivevo in una grande città piena di stimoli e divertimenti di ogni tipo ma sentivo di essere completamente sconnesso dalla natura, dai suoi cicli e dalla capacità di creare cibo, nutrimento, sopravvivenza: dove sarei finito se non ci fosse stato più il supermercato sotto casa? E da dove proveniva tutto quel cibo incellofanato e impacchettato?

    Iniziavo ad avvertire sempre più forte la precarietà del modello di vita che ci hanno da sempre insegnato a perpetuare.

    Ho frequentato un corso di permacultura che mi ha insegnato che altri modelli erano possibili e che molte persone in giro per il mondo ci stavano già provando. Così ho deciso di mollare tutto e dedicarmi alla rigenerazione della terra: mi affascinava l'idea di creare nel tempo dei sistemi che si autosostenessero, dei giardini commestibili ricchi di abbondanza e cibo genuino.


    Ora la mia vita è scandita dal periodo della vendemmia, la raccolta delle olive, la semina dell'orto primaverile, il compostaggio e la piantumazione di alberi. È uno stile di vita completamente diverso che richiede del tempo per abituarsi e abbracciarlo completamente, soprattutto se si è vissuti per 30 anni in città più o meno grandi e si è sempre creduto che le melanzane crescano anche a gennaio nel retro dell'Esselunga.   

  • Le persone attorno a te come hanno preso la tua scelta? Ti hanno incoraggiato?
  • All'inizio mi hanno preso per matto ovviamente: avevo un lavoro sicuro, indeterminato, con possibilità di carriera, avevo studiato in una delle università più prestigiose di Italia e nessuno si aspettava che sarei finito a fare il contadino. Nel frattempo però il mondo è cambiato e si sentono sempre più spesso storie di ritorno alla terra, giovani contadini, agricoltura 4.0... “se lo dice pure la televisione allora non sei poi così matto..!”

  • Qual è ora il tuo obiettivo?
  • Il mio obiettivo è quello di trasformare i miei due ettari e mezzo in un giardino rigoglioso pieno di varietà diverse, commestibili e no, dove si coltiva poco, ma di tutto (invece che tanto di un solo prodotto). Uno spazio dove vivere e di cui poter vivere, in maniera sana e provando gioia e motivazione per quello che si fa ogni giorno.

  • Ci racconti come è strutturato il tuo terreno e come hai cominciato questo progetto?
  • Ho la fortuna di avere un terreno pianeggiante, fertile e a medio impasto (non troppo argilloso, non troppo sabbioso). È anche irriguo, cioè servito da un sistema di irrigazione costruito negli anni 60/70 che serve tutta la valle in cui si trova. 

    Dopo la morte dei miei bisnonni - gli ultimi in famiglia a occuparsi di agricoltura e allevamento -, il terreno è stato gestito per circa 30 anni da un terzista che lo ha coltivato con metodi piuttosto tradizionali: grano, spinaci, tabacco e girasoli si sono avvicendati negli anni, sempre in monocultura e con qualche “aiutino” più o meno chimico. 

    Io l’ho riscattato tre anni fa dai vari parenti che a loro volta lo avevano ereditato negli anni. Mi sono fatto aiutare nella progettazione da un consulente esperto e i primi alberi sono stati piantati in pieno lockdown con l'aiuto di ex compagna e amici.

  • Il terreno dei tuoi nonni era un piccolo tesoretto, seppur insostenibile da un punto di vista ambientale. Ti  sei mai pentito della rotta green intrapresa?
  • Assolutamente no! Soprattutto in un momento in cui l'agricoltura tradizionale inizia ad essere insostenibile anche dal punto di vista economico (aumento dei carburanti e dei fertilizzanti, forza lavoro sempre più introvabile e prezzi all'ingrosso iper-competitivi)

  • Il posto utilizzato per gli alberi è in qualche modo sottratto all'agricoltura, e quindi ad un guadagno più immediato. Allora perché lo fai?
  • Bisogna cambiare completamente la prospettiva: si tratta di un sistema “agroforestale” che non garantisce un guadagno nell'immediato ma è progettato per garantire (si spera) un guadagno maggiore e più sostenibile in futuro, che invece di degradarsi e diminuire nel tempo (vedasi perdita di suolo e fertilità dovuta all'aratura) va al contrario a crescere in maniera sintropica (e non entropica). Gli alberi migliorano le condizioni di un terreno, lo rendono più fertile, creano “biodiversità”, che non è solo una bella parola da ambientalisti fricchettoni ma vuol dire pragmaticamente diversificazione dei raccolti: così dove prima avevi due ettari coltivati solo ed esclusivamente a grano (o mais o qualsiasi altra coltura annuale) che ha un ciclo colturale che occupa l'intero anno, ora hai alberi da frutta, cespugli di piccoli frutti e bacche, erbe spontanee, aromatiche, medicinali, piante semiperenni o poliannuali (come i carciofi) e possibilità comunque di coltivare cereali e orticole tra una fila di alberi e l'altra. Insomma, poco ma di tanto!

    Con il tempo mi piacerebbe trasformare quasi tutto il terreno in una bella e rigogliosa foresta commestibile, un albero alla volta.

  • Nel tuo terreno trovano spazio anche i frutti antichi. Puoi parlarcene e dirci perché li hai scelti?
  • Sono varietà di frutta tipiche della tradizione italiana (come la pera di Sangiovanni o l'albicocca Pellecchiella) ma ormai sempre più rare da trovare sui banconi delle principali catene che offrono perlopiù prodotti standardizzati seguendo logiche di mercato (si favoriscono ad esempio varietà precoci per avere le ciliegie già a fine Aprile...).

     

    Gli innesti di queste varietà sono stati tramandati e custoditi da generazioni da un vivaio a conduzione familiare vicinissimo al mio terreno, e quindi le piante sono nate e cresciute in un suolo e in condizioni climatiche praticamente identiche da quasi 100 anni

  • Sei un trentenne che ha virato ed è tornato alla terra, riavvicinandosi ai ritmi della natura e agli alberi. Quali sono le conseguenze virtuose del piantare alberi in un terreno, sia a livello personale che sociale?
  • Oltre ai benefici sociali di compiere un atto nobile per il futuro del Pianeta, creare un vero e proprio polmone di filtraggio contro l'inquinamento e le polveri sottili, combattere la desertificazione e l'impoverimento dei suoli e creare microclimi più umidi e freschi (contrasto al surriscaldamento globale), è praticamente dimostrato che lavorare a contatto con la terra è una vera e propria “terapia” per l'anima e l'umore: nel suolo sono presenti dei batteri che contribuiscono al rilascio di serotonina nel corpo. Inoltre piantare alberi è anche un esercizio di pazienza, perché i cicli delle piante trasmettono il senso del tempo e delle stagioni. Bisogna imparare ad aspettare il momento giusto per raccogliere i frutti del proprio impegno e del proprio lavoro.

    Non è un caso che l'ortoterapia stia diventando una disciplina sempre più diffusa ed efficace.


  • Dai, diccelo: qual è il tuo albero preferito e perché?
  • Al momento sto sviluppando un affetto speciale per i pioppi! (v. Populus Nigra) perché crescono molto in fretta, sono frondosi e di poche pretese e avendone piantati in gran numero (sono piante autoctone e a loro agio nel tipo di terreno umido e pianeggiante che ho a disposizione) sono i veri e propri pionieri del bosco che verrà.


    La storia di Tiziano ti è piaciuta?

    Se anche tu vuoi già bene a Tiziano e vorresti dare una mano a lui e al Pianeta, puoi farlo candidandoti come aiuto-contadino: Tiziano ricerca spesso una mano. Dà vitto, alloggio, conoscenza, in cambio di un po’ di lavoro nei campi.

    Oppure puoi farlo comodamente da casa, regalandogli una foresta. Ricordati che il tuo aiuto, anche piccolo, è prezioso! 

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    1 commento

    Complimenti per la scelta coraggiosa e lungimirante

    Annachiara Di PietroAnnachiara Daniela Di Pietro Gabini

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